Riceviamo da Nino Gernone alcuni contributi interessanti per la costruzione di una macroregione meridionale che sappia trarre vantaggio dalle migliori esperienze legislative delle altre regioni d'Italia.
Ringraziamo l'amico nonchè collaboratore Gernone e vi invitiamo ad inviarci osservazioni, critiche, proposte e materiali.
Nei limiti del possibile, promettiamo di vagliare il materiale pervenutoci e di pubblicarlo se di interesse generale.
Grazie e tornate a trovarci.
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CAMERA DEI DEPUTATI
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PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato BULGARELLI
Disposizioni per la valorizzazione e la regolamentazione delle
emittenti televisive comunitarie di quartiere senza scopo di lucro
ONOREVOLI COLLEGHI! — In molti Paesi europei già da alcuni anni sono operanti varie esperienze di televisione comunitaria di «nuova generazione», le cosiddette «community access television», organizzate, gestite e prodotte dai soggetti e dalle comunità che allo stesso tempo ne costituiscono il target di riferimento, completamente interagenti, modulabili e personalizzabili dall'utenza, che può compilarsi il proprio palinsesto sulla scorta della televisione on Demand o di INTERNET. Il laboratorio più interessante è Amsterdam, dove si sono realizzate community access television all'interno dei bacini sociali urbani fin dagli anni 70. È un nuovo modo, questo, di intendere la televisione comunitaria, trasformandola da servizio «orizzontale» («public access television») a struttura aperta e connettiva. La differenza è cruciale: il modello dell'accesso pubblico allude a un servizio che dall'alto (o dal basso) è offerto acriticamente a tutta la cittadinanza, mentre il modello dell'accesso per comunità è invece esattamente il contrario: una televisione costruita dalle comunità per le comunità, in cui per convenzione fondativa si rispettano e si assicurano spazi a tutte le minoranze della compagine sociale che vogliano esprimersi attraverso la televisione. È interessante sottolineare quanto la spinta spontanea «dal basso» possa avere una funzione pressing democratico per il riconoscimento «ufficiale» di questo tipo di esperienze: in Olanda il canale televisivo ad accesso pubblico (Amsterdam Open Access Channel) rappresenta la formalizzazione in qualche modo obbligata di un processo partito alla fine degli anni settanta, quando le prime televisioni via cavo presero ad essere violate dagli hacker che, utilizzando bachi e vuoti della rete, trasmettevano produzioni indipendenti e autogestite, ottenendo un tale successo che lo Stato in capo a qualche anno si decise ad aprire un canale regolare di accesso ai vari gruppi sociali per permettere loro di realizzare programmi radiofonici e televisivi. Oggi questo processo si è evoluto e intrecciato con i media digitali, INTERNET in testa, dando luogo a laboratori ancora una volta innovativi, come Smart TV, un progetto che riunisce televisione e reti informatiche, e Digital City, la freenet di Amsterdam, prima rete civica in Europa, realizzata a guisa di città, con diverse aree, dove si può chattare nel caffè, leggere le new, entrare in gruppi di discussione sugli argomenti più disparati, inviare file video o musicali, partecipare al disegno di un logo della città, aggiungersi alla programmazione radio. La combinazione di tutti questi media costituisce un flusso comunicativo «da molti a molti».
Anche nel nostro Paese, in verità, hanno visto la
luce, negli ultimi mesi, le prime esperienze di televisione
autoprodotta e interattiva: Global TV e NoWar TV sono stati degli
eventi limitati a poche ore di trasmissione visibile su satellite ma,
da veri laboratori, hanno prefigurato efficacemente quello che la
televisione potrebbe essere: un intreccio di linguaggi, media,
intelligenze che, con pochi mezzi è riuscito a rompere, per un
attimo (in occasione del Forum sociale di Firenze, della giornata
organizzata da Emergency contro la guerra, tra gli operai di Termini
Imerese e in occasione della grande manifestazione per la pace del 15
febbraio 2003) il monopolio comunicativo asfissiante costruito dai
poteri forti in questo Paese, riscontrando un successo inaspettato.
Rientrano a pieno titolo in questo tipo di percorso, proprio
perché di carattere comunitario, esperimenti come quello di
Telefabbrica, la televisione autogestita dagli operai della FIAT in
sciopero a Termini Imerese, a testimonianza che una televisione diversa
non è solo possibile e necessaria ma, probabilmente, già
esiste.
Sempre sul versante della nuova televisione comunitaria,
brilla in Italia l'esperienza di Telestreet. Con un budget inferiore a
1.000 euro (una telecamera digitale, un videoregistratore, un mixer e
qualche microfono) si può allestire una televisione di strada,
di isolato o di quartiere che si irradia per poche centinaia di metri
sfruttando i «coni d'ombra», cioè quegli spazi vuoti
che si creano quando il segnale radiotelevisivo di un trasmettitore
incontra degli ostacoli (dislivelli, palazzi, tralicci). Per coprire
una città, quindi, una televisione nazionale deve impiegare
più di un trasmettitore, lasciando sulla strada centinaia di
coni d'ombra a macchia di leopardo. Sfruttando questi spazi
completamente liberi è possibile, con un piccolissimo
trasmettitore (0,07 watt di potenza, quindi assolutamente non
inquinante) trasmettere in un raggio molto limitato senza coprire il
segnale di altre emittenti. È una risposta libera e democratica
alla gestione mafiosa delle concessioni televisive, bloccate dagli anni
ottanta, garantita dall'articolo 21 della Costituzione. Nonostante
ciò, chi oggi decidesse di dare vita ad una teletreet rischia da
6 mesi a un anno di reclusione. Tale situazione andrebbe immediatamente
sanata dal punto di vista legislativo, prevedendo anzi dei contributi
statali per coloro che decidessero di intraprendere questa strada.
Grazie alle tecnologie digitali, le migliaia di televisioni di strada
che da qui in avanti potrebbero nascere avrebbero l'opportunità
di trovare una connessione globale tramite satellite, gestita da una
redazione condivisa presso la quale le singole redazioni locali possano
depositare i propri lavori in un archivio condiviso e interattivo. Un
networking efficace, stimolante e a basso costo. La televisione di
strada è una l'espressione promanante dal basso di
comunità urbane che, socializzando e autogestendo il medium
televisivo, provano a farsi società e, dunque, comunità.
Da un certo punto di vista, è il punto di arrivo di un percorso
trentennale che ha coinvolto intere generazioni prima nella
sperimentazione delle radio libere, poi in quella delle reti
informatiche, infine in quella del mediattivismo diffuso; ma,
dall'altro lato, è anche un punto di partenza poiché per
la prima volta tenterebbe di mettere al lavoro queste esperienze
all'interno delle comunità urbane, che sono fatte di condomini,
di bar, di marciapiedi, di muretti, tentando di aprire dei varchi in un
territorio culturale colonizzato da anni di telenovele, di
varietà e di formazione taroccata, offrendo la
possibilità a coloro che da sempre sono il target di questo
bombardamento mediatico di riprendere la parola. È una sfida
alta perché mira a giocare la televisione contro la televisione,
ma è anche una formidabile opportunità di democrazia dal
basso. La presente proposta di legge mira a valorizzare e a incentivare
le nuove forme di televisione comunitaria e senza scopo di lucro o no
profit, proponendo una regolamentazione che senza pregiudicare il
principio della proliferazione, consenta ai soggetti che intendano
intraprendere questo tipo di esperienza di vedere garantito il loro
diritto alla comunicazione.
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Art. 1.
(Princípi generali).
1. Il servizio pubblico radiotelevisivo ha carattere di
preminente interesse generale ed è volto all'ampliamento della
partecipazione dei cittadini e delle associazioni allo sviluppo sociale
e culturale del Paese, in conformità ai princípi di
libertà, di pluralismo e di partecipazione democratica sanciti
dalla Costituzione.
2. Lo Stato garantisce e promuove la possibilità di
accesso ai servizi radiotelevisivi, sia in ambito nazionale che in
ambito locale, dei soggetti portatori delle diverse istanze ed opinioni
politiche, sociali e culturali, con particolare riguardo alla tutela
delle minoranze etniche e linguistiche presenti sul territorio
nazionale.
3. Lo Stato promuove e favorisce lo sviluppo dei sistemi
comunitari integrati, nonché l'accesso e la partecipazione dei
cittadini agli stessi.
4. Lo Stato promuove l'adozione di infrastrutture
tecnologiche in grado di garantire il minor impatto ambientale e
urbanistico nonché la minor emissione di onde elettromagnetiche.
Art. 2.
(Riserva di frequenze).
1. Al fine di favorire l'introduzione delle trasmissioni
radiotelevisive su piattaforma digitale terrestre, comportante
l'aumento delle frequenze disponibili, lo Stato riserva e garantisce in
via esclusiva una quota pari al 10 per cento del bacino di frequenza
disponibile, sia in ambito nazionale che in ambito locale, alle
televisioni comunitarie, come definite ai sensi dell'articolo 3, e alle
televisioni di servizio.
Art. 3.
(Televisioni comunitarie).
1. La televisione comunitaria è caratterizzata
dall'assenza di ogni scopo di lucro ed è esercitata da
fondazioni, da associazioni anche non riconosciute, espressioni di
particolari istanze culturali, etniche, politiche, sindacali, di
volontariato e religiose, nonché da società cooperative
costituite ai sensi dell'articolo 2511 del codice civile, che hanno
quale oggetto sociale prevalente la realizzazione di servizi di
diffusione televisiva a carattere culturale, etnico, politico,
sindacale, di volontariato e religioso.
2. La programmazione dei soggetti di cui al comma 1 deve
essere costituita da programmi originali autoprodotti che hanno
riferimento alle istanze indicate al medesimo comma 1 per almeno il 50
per cento dell'orario di trasmissione giornaliero compreso tra le ore 8
e le ore 22.
3. Le televisioni comunitarie che operano esclusivamente
su bacini di utenza locali devono destinare, oltre alla percentuale
stabilita al comma 2, un ulteriore 20 per cento dell'orario di
programmazione settimanale all'informazione e, comunque, a programmi
legati alle specifiche realtà locali.
4. La trasmissione di messaggi pubblicitari commerciali di
soggetti privati è vietata. Sono consentite la trasmissione di
«pubblicità progresso» e la pubblicazione di eventi
e di iniziative comunque inerenti le finalità comunitarie.
Art. 4.
(Albo delle televisioni comunitarie).
1. È istituito presso l'Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni un apposito Albo delle televisioni
comunitarie. Ai fini dell'iscrizione all'Albo, la medesima
Autorità provvede al controllo del possesso dei requisiti
soggettivi e di programmazione di cui all'articolo 3 da parte dei
soggetti richiedenti.
2. Le televisioni comunitarie inviano annualmente
all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni:
a) il palinsesto e la programmazione dell'anno
precedente;
b) il bilancio o, comunque, una relazione
sulla situazione finanziaria;
c) una relazione sull'attuazione degli scopi
comunitari, con particolare riguardo allo sviluppo dei sistemi
tecnologici di comunicazione integrata.
3. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
promuove azioni dirette a garantire la pluralità nell'accesso al
sistema delle televisioni comunitarie, autorizzando e favorendo, ove
necessario formazione di consorzi.
Art. 5.
(Divieto).
1. È fatto divieto di trasformare la concessione
per la televisione comunitaria in concessione per televisione
commerciale.
Art. 6.
(Fondo per la comunicazione).
1. È istituito presso il Ministero delle
comunicazioni il fondo per la comunicazione, finanziato da una quota
pari al 20 per cento delle entrate derivanti dal canone di abbonamento
televisivo e da una quota pari all'1 per cento degli introiti derivanti
alle emittenti televisive pubbliche e private nazionali e locali dalla
raccolta pubblicitaria.
2. Le entrate del Fondo di cui al comma 1 sono destinate
alla promozione dello sviluppo di sistemi tecnologici di comunicazione
integrata, all'adeguamento e al miglioramento degli impianti emittenti
per la riduzione dell'impatto ambientale e urbanistico, con particolare
riguardo alla riduzione delle emissioni elettromagnetiche,
nonché dello sviluppo delle televisioni comunitarie e delle
altre iniziative editoriali, su ogni tipo di supporto, ad esse
collegate, con particolare riguardo ad interventi finalizzati a
favorire la loro pluralità.
Art. 7.
(Televisioni comunitarie di quartiere).
1. In conformità ai princípi enunciati
dall'articolo 1, nonché al principio di proliferazione e di
diffusione del sistema informativo e nel rispetto della gestione
democratica dello stesso, lo Stato promuove la realizzazione di
televisioni comunitarie di quartiere tramite l'utilizzo delle frequenze
disponibili nei coni d'ombra derivanti dall'abbattimento del segnale
emanato dalle emittenti locali e nazionali.
2. La televisione comunitaria di quartiere è
caratterizzata dall'assenza di ogni scopo di lucro ed è
esercitata da persone fisiche, fondazioni, associazioni anche non
riconosciute, centri sociali, comitati di quartiere, organizzazioni di
volontariato, istituzioni scolastiche e dagli altri organismi
territoriali comunque promotori di istanze sociali, culturali, etniche,
politiche, sindacali e religiose che hanno la loro sede nel territorio
interessato dalla trasmissione della televisione di quartiere o che in
tale territorio svolgono prevalentemente la loro attività.
3. La programmazione dei soggetti di cui al comma 2 deve
essere costituita da programmi originali autoprodotti, o comunque
prodotti da altre televisioni comunitarie, per almeno il 70 per cento
dell'orario di trasmissione giornaliero.
4. Le controversie eventualmente insorte tra ente locale
competente e televisione di quartiere in relazione all'utilizzo delle
frequenze disponibili nei coni d'ombra sono devolute alla competenza
del giudice di pace. Sono altresí devolute alla competenza del
medesimo giudice di pace le controversie tra televisioni di quartiere
in relazione all'utilizzo dei siti disponibili per le rispettive
trasmissioni.
Art. 8.
(Limiti delle trasmissioni).
1. È fatto divieto alle televisioni comunitarie di
quartiere di trasmettere qualsiasi forma di pubblicità
commerciale. È consentita la sola trasmissione di messaggi
pubblicitari di sponsorizzazione di eventi e di iniziative di carattere
sociale, politico e culturale.
Le trasmissioni effettuate dalle televisioni comunitarie
di quartiere non possono comunque in alcun modo interferire con il
segnale trasmesso dai concessionari delle frequenze radiotelevisive.
3. Gli impianti di trasmissione utilizzati dalle
televisioni comunitarie di quartiere non possono avere potenza
superiore a 0,5 watt.
Art. 9.
(Enti locali).
1. In attuazione della legislazione vigente, sul
decentramento amministrativo, ed, in particolare, dell'attribuzione
agli enti locali territoriali delle funzioni di rappresentanza e di
tutela delle rispettive comunità, anche attraverso
attività di promozione di coordinamento e di sviluppo, è
attribuita ai municipi, ove istituiti, o ai comuni la predisposizione
di appositi elenchi recanti l'indicazione dei siti disponibili e delle
frequenze utilizzabili dalle televisioni comunitarie di quartiere.
Art. 10.
(Modalità per la realizzazione delle televisioni comunitarie di
quartiere).
1. I soggetti di cui all'articolo 7, comma 2, interessati
alla realizzazione di una televisione comunitaria di quartiere devono
presentare agli enti locali competenti ai sensi dell'articolo 9, una
apposita domanda, tenuto conto delle frequenze disponibili.
2. La domanda di cui al comma 1 deve indicare:
a) l'ambito territoriale di operatività
della televisione comunitaria di quartiere;
b) gli orari indicativi di trasmissione;
c) le eventuali interconnessioni con i sistemi
informativi delle pubbliche amministrazioni presenti sul territorio
interessato;
d) la strumentazione tecnica utilizzata per la
trasmissione e la compatibilità della stessa con la legislazione
vigente in materia di impatto ambientale e urbanistico;
e) il rispetto dei limiti previsti
dall'articolo 8.
3. Le televisioni comunitarie di quartiere devono,
altresí, inviare agli enti locali competenti una relazione
annuale sull'attuazione degli scopi comunitari, con particolare
riguardo allo sviluppo delle autoproduzioni e dei sistemi tecnologici
di comunicazione integrata e interattiva.
Art. 11.
(Disposizione penale).
1. I soggetti di cui all'articolo 7, comma 2, della
presente legge, non sono punibili per le violazioni previste
dall'articolo 195 del testo unico delle disposizioni legislative in
materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, come da
ultimo sostituito dall'articolo 30 della legge 6 agosto 1990, n. 223.
Art. 12.
(Sistemi informativi integrati).
1. Le televisioni comunitarie nazionali, locali e di
quartiere possono, in via agevolata, costituire un archivio
multimediale contente i materiali autoprodotti e dotarsi di un sistema
informativo integrato in grado di consentire lo sviluppo di una rete
multimediale interattiva con l'utenza.
2. Le televisioni comunitarie nazionali, locali e di
quartiere, organizzate in consorzi, hanno titolo per l'accesso
all'utilizzo delle frequenze digitali satellitari.
3. Il Fondo contribuisce al finanziamento delle
televisioni comunitarie nazionali, locali e di quartiere per
l'attuazione delle finalità previste dal presente
articolo.
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