Con
questo dato occorrerà fare i conti volenti o nolenti
perchè la spinta
probabilmente non si risolverà con qualche ampolla d'acqua del
Volturno
- tanto per parafrasare recenti ritualità padane.
Grazie e tornate a trovarci.
IL MEDICO, per ora, ha salvato il suo paziente. Se lo scrutinio finale confermerà i risultati della notte, Umberto Scapagnini sarà confermato sindaco di Catania. E così il clinico salutista che da anni si occupa della cura fisica di Silvio Berlusconi, questa volta, gli avrà allungato anche la sopravvivenza politica.
Erano in molti, anche nel centrodestra, a riconoscere che quella
siciliana era l'ultima ciambella di salvataggio, per una maggioranza
naufragata in ben quattro tornate elettorali consecutive, tra
amministrative ed europee. Erano in molti, anche nel centrodestra, a
prepararsi a un definitivo "rompete le righe", nell'ipotesi niente
affatto peregrina che fosse caduto anche l'ultimo bastione azzurro, in
quella Sicilia del leggendario "61 a 0" ottenuto dalla Cdl quattro anni
fa ai danni del centrosinistra.
Se i dati conclusivi confermeranno la tendenza di metà spoglio,
l'ultimo avamposto berlusconiano nel Profondo Sud ha retto. Con una
percentuale di consensi che oscilla tra il 52 e il 54%, il sindaco
forzista può sconfiggere al primo turno Enzo Bianco. Il Polo
arretra in modo sensibile, rispetto ai risultati del 2001. L'Ulivo
guadagna terreno non solo a Catania, vince a Enna e ottiene il
ballottaggio in diversi comuni.
Per la sbandata coalizione del premier non è certo una riscossa,
che inverte la tendenza delle ultime regionali vinte per 12 a 2
dall'opposizione. Ma non è neanche il tracollo definitivo, che
avrebbe potuto sancire la caduta ineluttabile del Berlusconi bis e il
ricorso sicuro alle elezioni anticipate. Il centrodestra, malconcio e
diviso quanto si vuole, almeno a Catania sembra tenere. Grazie anche a
un'affluenza alle urne sorprendentemente alta e superiore alle
previsioni della vigilia: 75,3%, contro una media regionale del 69,5%
alle ultime amministrative.
Sempre che a urne svuotate l'esito ultimo del voto siciliano sia
davvero questo, per i due schieramenti in conflitto ci sono alcune
"lezioni" possibili da cogliere. La prima riguarda il centrodestra. Il
Cavaliere, che una settimana fa nel capoluogo etneo ha speso due giorni
di tonitruante campagna elettorale, ripete adesso un motto che gli
è caro: "Quando Silvio scende in campo la sinistra non ha
scampo". Ritrova il coraggio di dire "siamo ancora maggioranza, andiamo
avanti così e governiamo il Paese". Ma è l'ennesimo gioco
di specchi.
Nei giorni che precedevano il voto, quando i sondaggi davano in forte
vantaggio Bianco il premier e i suoi corifei hanno fatto di tutto per
ridimensionare la portata del test catanese: un semplice voto locale.
Ora che sembra uscire vincitore l'azzurro Scapagnini, il giudizio si
sovverte. Il test ridiventa politico, Berlusconi riscopre il rilievo
nazionale della sfida siciliana: un referendum sulla sua leadership.
E' una pessima "lente", quella usata dal premier, per leggere a suo
piacimento il risultato di questo voto. Soprattutto se non gli
servirà a mettere a fuoco un'evidenza oggettiva. Perdere a
Catania, probabilmente, gli sarebbe costato il governo. Ma vincere a
Catania, sicuramente, non gli basterà a governare bene nell'anno
finale della legislatura. Ora il premier può irridere
finché vuole i centristi dell'Udc.
Ma in una coalizione che anche in Sicilia dà comunque segni di
arretramento, i partiti del centrodestra guarderanno ora con
un'attenzione particolare all'andamento dei voti di lista, con
l'obiettivo palese di dimostrare che, per vincere, non basta più
il leaderismo carismatico del premier, ma servono il contributo di
tutti e il supporto di una strategia condivisa.
E in un'Italia in piena recessione, ieri sera Marco Follini avvertiva:
"La vera sfida, dentro la coalizione, non era Catania. Io non avrei mai
rotto l'alleanza, su una sconfitta di Scapagnini. Il vero scontro
sarà l'economia. Sarà la Finanziaria. Sarà la
distribuzione dei pochi sgravi fiscali possibili". Su questo si
consumerà il vero regolamento di conti nel centrodestra.
La seconda lezione riguarda il centrosinistra. Perdere di misura a
Catania può essere un salutare bagno di umiltà. Un
benefico ritorno alla realtà. Per troppe settimane, dopo il
trionfo oggettivo delle regionali, c'è stato un eccesso di
euforia. Il delirio di onnipotenza di qualche leader ha prodotto
assurde fughe in avanti verso la spartizione e paradossali spinte
centripete verso l'autonomizzazione. Prodi e gli altri leader, a questo
punto, faranno bene a riflettere.
E' ancora presto per cantare vittoria. L'Italia si è spostata, 2
milioni di voti sono transitati da un Polo all'altro nelle ultime
regionali. Ma quelli che il Censis chiama gli "elettori transfughi",
indecisi e poco fidelizzati, possono cambiare idea fino all'ultimo.
Uno studio di Paolo Segatti dell'Università di Milano, appena
pubblicato, evidenzia che anche nell'ultima tornata elettorale "a
determinare i risultati abbia pesato il maggiore tasso di
partecipazione degli elettori di centrosinistra rispetto a quelli di
centrodestra".
E il dato siciliano conferma: solo al maggioritario, tra astensioni e
regioni non coinvolte dall'ultima consultazione amministrativa mancano
all'appello almeno 10 milioni di elettori. Non si sa come voteranno nel
2006. Un fatto è certo: il centrosinistra se li deve
conquistare, invece di prenotare già le poltrone ministeriali
del futuro governo.
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