Con
questo dato occorrerà fare i conti volenti o nolenti
perchè la spinta
probabilmente non si risolverà con qualche ampolla d'acqua del
Volturno
- tanto per parafrasare recenti ritualità padane.
Grazie e tornate a trovarci.
DALLE elezioni catanesi sale un profumo di zagare. Al di là di tutte le analisi, è il linguaggio che identifica il nuovo trend della politica nazionale. Il Sud che ha votato domenica è tornato a parlare meridionale, con metafore contadine, narrative storiche locali, e un bel po’ di espressioni popolari.
Ricompare così la jella e il suo perfetto contrario, la
fortuna simboleggiata da quella parte del corpo che in italiano abbiamo
deciso di identificare con il fondoschiena, ma che nel grande Sud
rimane citato nella sua breve efficacia.
Spiega infatti il rieletto sindaco Scapagnini di esserne dotato,
perché «in politica senza... non si va da nessuna
parte», ed è sempre lui che racconta delle armi di
distruzione di massa che possedeva Bianco, quella «sfiga che
ha accompagnato tutta la campagna elettorale perché loro con
la jella hanno provocato ai miei fratelli 11 fratture fisiche, ma
elettoralmente parlando le ossa gliele abbiamo rotte noi».
L'opposizione rimasta al palo rispolvera invece la migliore narrativa
storica della politica meridionale. Bianco ripesca il voto di scambio
à la Lauro (leggendario armatore che nel dopoguerra vinceva
dando una scarpa prima e una dopo il voto) raccontando di
«voci pazzesche di gente che prometteva tivù e
lavatrici»; mentre scomoda «il trionfo della
plebaglia», altro grande vocabolo del glossario politico del
Sud, il filosofo Manlio Sgalambro; tema su cui si sintonizza il nordico
Tabacci che evoca il fantasma dei fantasmi meridionali: «Con
tanti Masaniello non andiamo da nessuna parte».
E' una bella differenza, non c'è che dire, dal tecnoinglese
rubato ai board-room del management parlato dalla politica fino a ieri:
i road-show, i talk-show, gli sponsor, la mondializzazione, la
delocalizzazione.
Il leader degli autonomisti sicialiani Raffaele Lombardo, che
dopo una decade di fasti mistici dei vari «signori degli
anelli» ha riportato a galla il concreto titolo di
«signore del venti per cento», con questa metafora
racconta i suoi progetti futuri: «Totò Cuffaro (il
governatore siciliano, ndr) ha un pollaio in campagna accanto al mio e
un giorno gli ho regalato un gallo. Sapete come è finita? Il
mio gallo ha ucciso il suo».
Semplice folklore?
O anticipo di un nuovo vento che spira, una orgogliosa riappropriazione
linguistica meridionale da contrapporre a quella nordico-leghista?
Di sicuro possiamo dire, se il linguaggio significa qualcosa, che in
quel pollaio catanese è probabilmente morta anche la
tecnocrazia burocratica e centralista di coalizioni posticce.
Dopotutto, racconta Lombardo, «ora le galline sono
più contente, il mio gallo gli dà più
soddisfazione, e fanno pure più uova».
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