«Ho scritto venti libri su Napoli, migliaia di articoli. sono napoletano da 5000 anni. E resto sempre molto sorpreso quando arriva un giornalista dal Nord che in pochi giorni o in pochi mesi pretende di scoprire quel che io non ho visto in 72 anni». disse un giorno Domenico Rea, furente con un reportage sul Mezzogiorno.
Certo, chi arriva in un posto per la prima volta vede a volte
cose che chi abita li non aveva notato. Capita. Ma è
difficile dar torto allo scrittore napoletano. Ancora quattro anni fa,
l’Economist scriveva: “Perchè i giovani
meridionali non si trasferiscono al Nord assetato di manodopera?
Perché sono viziati e un po’ superbi”. In giudizio
superficiale ed offensivo, steso nella scia di una tradizione di
pregiudizi che hanno gettato sale nelle piaghe del Meridione denunciate
proprio da chi del Sud e innamorato.
Basta rileggere Robert Putnam: «I1 Sud e in ritardo non
perché i suoi cittadini siano malvagi, ma perché sono
intrappolati in una struttura sociale e una cultura politica che
rendono difficile o addirittura irrazionale la cooperazione e la
solidarietà. Anche un individuo dotato di molto “senso
civico” se viene posto in una società priva di senso
civico è destinato a comportarsi in un modo non
cooperativo, a violare il codice stradale, ad agire con egoismo e
diffidenza».
Liberatelo dalla trappola, e il meridionale sprigionerà energia,
fantasia, accanimento lavorativo. Lo dicono le storie dell'invenzione
del genere western Carlo Angelo Siringo e del sindaco
più amato di New York Fiorello La
Guardia e giù giù fino a Lee Jacocca e Mario Cuomo e
Martin Scorsese e milioni di emigrati meridionali che hanno fatto la
fortuna dei paesi e delle aziende (si pensi ai capireparto della
Volkswagen) che li accolsero.
Ma lo dice anche il modo in cui è cambiato il Mezzogiorno,
in questi anni. Nulla è falso quanto la tesi che il Sud
sia una realtà immutabile nel tempo. Lo dice il reddito
pro capite, che oggi non è lontano dalla media europea e
nel 1949 era con 130 dollari un undicesimo di quello americano e
inferiore perfino a quello jugoslavo. Lo dice il confronto con la
paga dei poveretti che lavoravano nelle miniere di zolfo e nel
1953 guadagnavano 530 lire al giorno: il costo di tre etti di
salame.
Lo dicono le parole di Gesualdo Bufalino: «Mia madre litigo
con una vicina perchè, non avendo nulla da mangiare, s'era
fatta prestare un uovo e l'aveva restituito un po' più
piccolo».
Lo dicono, a dispetto dell'attuale catena di sangue a Napoli, il
crollo verticale degli omicidi. Scesi nell'ultimo secolo in Sicilia,
per fare un esempio, da 47 a 2 ogni centomila abitanti 1'anno.
In Sardegna da 32 a meno di 2. E in genere in tutto il Sud in
proporzione maggiore che nel Nord. Lo dice lo stato delle
abitazioni, che l'inchiesta parlamentare sulla miseria del '51
diceva disperate, con «numerosissimi» casi di
coabitazione, nella stessa stanza, di uomini, capre, maiali e
pollame.
Ma lo dicono soprattutto le straordinarie attività
produttive sparse in tutto il Mezzogiorno. Le aree industriali
dalle quali escono prodotti di eccellenza che hanno
conquistato il mondo.
L'effervescenza di realtà intellettuali vivissime e
spesso all'avanguardia nel panorama nazionale. Il Sud non e fatto
solo di ombre, ma anche di luci. Certo, dice Mirella Barracco in
uno dei servizi all'interno, bisogna crederci, crederci,
crederci. Ma ne vale la pena.
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