Blocco del turn over in versione rigida solo al Sud. Concorsi interni per assunzione del personale limitati alle aree del Centro-Nord. Ricorso all'indennità di residenza. Reintroduzione del "settennato" per i dipendenti di prima nomina, che quindi per questo arco non potrebbero cambiare casacca. Sono queste le coordinate che il Governo sembrerebbe orientato a seguire per rendere operativo il nuovo contratto degli statali. La decisione politica non è stata ancora presa, ma il comitato di tecnici che ha lavorato incessantemente al ministero della Funzione pubblica ha già abbozzato un pacchetto abbastanza ricco. Del quale fa parte anche un'"opzione" a più lunga scadenza che, come prima ricaduta, avrebbe il ritorno delle competenze sulle cause di lavoro in materia di pubblico impiego dal giudice ordinario a quello amministrativo.
Nei prossimi giorni questo pacchetto potrebbe subire alcune limature.
Ma l'obiettivo è già fissato: dare rapida
operatività al meccanismo previsto dal rinnovo contrattuale, che
è imperniato su un flusso di mobilità di almeno 50mila
dipendenti nel triennio 2005-2007 e sulla valorizzazione della
produttività. Proprio la mobilità appare il versante
più delicato. Allo stato attuale, a Palazzo Vidoni e nelle altre
strutture coinvolte non esiste una mappa aggiornata dei vuoti e delle
eccedenze di organico. Tanto nelle amministrazioni centrali quanto in
quelle locali. Una stima di massima per la verità già
circola e parla di possibili eccedenze d'organico concentrate
soprattutto nel Mezzogiorno con punte anche superiori al 10 per cento.
Potendo scegliere, l'Esecutivo punterebbe a incassare il consenso dei
sindacati sul piano d'intervento nel suo complesso. Un obiettivo quanto
meno ambizioso, vista la riottosità con cui le organizzazioni
sindacali, Cgil, Cisl e Uil in testa, hanno reagito negli anni scorsi
al solo sentire la parola "mobilità". Per evitare un estenuante
stop and go, il Governo potrebbe allora decidere di proseguire da solo.
E varare alcune parti del progetto unilateralmente. È quanto
potrebbe accadere, ad esempio, con la limitazione del blocco del turn
over alle sole amministrazioni meridionali. Per far ciò,
basterebbe che il decreto di autorizzazione alle assunzioni in deroga
ne limitasse l'efficacia al Centro-nord.
Un'operazione che potrebbe essere realizzata parallelamente a quella
riguardante i futuri concorsi interni per i quali scatterebbe una sorta
di corsia preferenziale per le amministrazioni dislocate nel
Centro-Nord oltre che per quelle che presentano vuoti di organico.
Anche se in questo caso sarebbe obbligato un passaggio concertativo.
Passaggio non indispensabile per un'altra misura in itinere:
l'interpretazione autentica dei punti contrattuali controversi. Dalla
Funzione pubblica attribuiscono proprio alla scarsa chiarezza degli
accordi un ulteriore freno ai trasferimenti del personale. Così
come del conseguente aumento del contenzioso che spesso ne è
derivato. A questo proposito, i tecnici suggeriscono al Governo di
specificare già negli atti di indirizzo da inviare all'Aran
quale trattamento economico e giuridico andrebbe applicato ai
dipendenti intenzionati a passare da un ramo all'altro
dell'amministrazione.
Su altri temi il consenso delle organizzazioni dei lavoratori sembra
invece imprescindibile. Primo fra tutti quello riguardante
l'introduzione dell'indennità di residenza nel pianeta della
pubblica amministrazione: una sorta di bonus da garantire, sulla
falsariga del modello francese, agli "statali" disponibili a cambiare
residenza per motivi di lavoro. La questione deve ancora essere
approfondita.
Ma, anche alla luce dei non trascurabili problemi di
finanza pubblica, l'orientamento dei tecnici è di proporre un
bonus dalla portata quasi simbolica.
Al momento ad avere la strada spianata è un "accorgimento" di
fatto già discusso con i sindacati nel corso della trattativa
per il rinnovo del contratto: l'obbligo di permanenza per almeno sette
anni nell'ufficio di prima assegnazione.
Tutt'altro che in discesa, infine, appare il percorso che dovrebbe
riportare indietro nel tempo le lancette della gestione del contenzioso
nel pubblico impiego: precisamente al 1993 quando fu avviato il lungo e
lento processo di riforma del rapporto di lavoro pubblico. I poteri
giurisdizionali, cioè, tornerebbero nella mani del giudice
amministrativo. Il condizionale è d'obbligo visto che gli stessi
esperti di palazzo Vidoni si stanno muovendo con prudenza e, almeno per
ora, considerano il ritorno al passato soltanto un'eventualità
per il futuro.
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