Tre giorni addietro si è svolto a Napoli il summit dei sette governatori meridionali per discutere della necessità di un ”coordinamento” della loro attività politica. Salutato dai media come un fatto straordinario, in realtà, nulla di nuovo rispetto alla proposta di un “tavolo permanente dei Governatori del Sud” che era stata lanciata il 1° marzo dell’anno scorso, sempre dal supergovernatore Bassolino, nel corso del convegno alla Città della Scienza sul tema “Regioni, Mezzogiorno, Europa”.
Una proposta che era stata accolta con entusiasmo dai suoi colleghi di
Puglia, Basilicata, Molise, Abruzzo, Calabria e Sicilia. Istituire una
“consultazione permanente”, da sviluppare attraverso
incontri periodici dei presidenti delle Regioni meridionali, per
ricercare linee politiche comuni in tema di infrastrutture,
agevolazioni fiscali e di rapporti con le altre Regioni, col Governo,
con l’Europa e anche con i Paesi del Mediterraneo. E qualcuno
è arrivato a parlare addirittura come di “un nuovo
meridionalismo”. Esagerato!
Ma francamente, dopo i miliardi di parole dette e scritte sulla
“questione meridionale” da Nitti, Saraceno, Compagna,
Novacco e Rossi Doria, iniziative del genere le trovo del tutto
inadeguate a produrre risultati concreti. Servono solo a catturare
l’attenzione della stampa. Ma non certo quella delle popolazioni
meridionali.
Del resto ecco cosa hanno detto Del Turco (bisogna prendere atto della
fine della centralità dell’Atlantico), Vendola (va
ricostruita un’idea forte della coesione sociale e della missione
civile dei territori meridionali), Loiero (entro il 2010 il
Mediterraneo diventerà mare di libero scambio e per noi
diventerà un’area di mercato importante), Iorio (ci vuole
una forte intesa per non ridurre il ruolo delle regioni meridionali),
Cuffaro (il Sud deve trovare il suo riposizionamento nello scenario
della politica euromediterranea), DeFilippo (l’obiettivo
principale è la ricollocazione del Sud nella politica nazionale
ed europea) e lo stesso Bassolino (il Mezzogiorno è una grande
priorità culturale, economica e politica che deve vivere
nell’azione quotidiana di governo). Idee chiarissime, non
c’è che dire.
Non una parola sul perché sette Regioni che vantano quanto di
meglio esista in materia di beni e di istituzioni culturali (la Reggia
di Caserta, i palazzi reali di Napoli e di Palermo, il Castel del Monte
federiciano, l’archeologia di Pompei, Ercolano, Paestum, Sybari e
Agrigento, l’istituto italiano di Studi filosofici e quello
crociano di Studi storici, le trenta università tra antiche e
nuove, i centri di ricerca, i musei…) e quanto di più
suggestivo in fatto di bellezze naturali (Capri, Ischia, Procida,
Sorrento, le Eolie, Taormina, la Sila, il Vesuvio, l’Etna...) non
riescono a trasformare queste “ricchezze” in occasioni di
sviluppo e di crescita.
Talché continuo a ritenere che la soluzione ottimale (alla quale
prima o poi si approderà) stia nell’istituzione della
macroregione del Sud di 19.224.269 abitanti, pari alla conurbazione di
Tokyo, con un solo governatore e un solo Consiglio regionale. E, in
attesa, stia nella istituzione del “semestre meridionale”
sul modello di quello europeo.
Allo scopo di affidare, a turno, ai sette governatori il compito di
“guidare” per sei mesi le politiche economiche, sociali e
culturali del Mezzogiorno, attraverso una serie di agili strumenti in
grado di rendere utile, produttivo, efficace il “semestre”
nei confronti del governo nazionale e di quelli europei. E, in
particolare, nei confronti dei Paesi del Mediterraneo (sud-europei,
mediorientali e nordafricani) con i quali dobbiamo avere un rapporto
più diretto. Per tradizione e per posizione geografica.
Come sosteneva Gaetano Salvemini.
Ai sensi della legge n.62
del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e
del web@master.