Invitato a partecipare a questa Tavola Rotonda. ho cercato di esimermi perché non sono d'accordo sulla insistenza di volere, a qualsiasi costo, dare una identità ed una specificità alla nostra regione quasi che noi fossinio diversi dalle altre regioni dell'Italia meridionale. lo sono controcorrente... Ma ho dovuto cedere di fronte alle vive insistenze dell'amico Coviello.
Ho ascoltato con vivo interesse le relazioni svolte in questo convegno.
Oggi sembrano tutti concordi nell'accettare una tesi che, un tempo,
quando ero studente universitario. era ritenuta addirittura assurda. E
io la sostenevo nella mia tesi di laurea.
Siamo nel 1940. La riteneva interessante Gennaro Maria Monti il quale
mi seguiva nella mia tesi di cui non era. però. relatore. In
quegli anni il prof. Monti non ricopriva una cattedra di Storia del
Diritto Italiano.
Per me era difficile trovare un professore disposto ad accettare, come
relatore, la mia tesi. Tra il 1939 e il 1940 cambiai molte
Università per trovare un professore disposto ad accettare, come
relatore, la mia tesi. Lo trovai finalmente per interessamento del
prof. Monti e la tesi passò.
Molti anni dopo. in un Congresso tenuto a Bari dalla Società di
Storia Padria per la Puglia ripresi incidentalmente l'argomento sulla
Lucania bizantina e sulla Basilicata normanna su cui sono tornato poi
più volte e non più da studioso dilettante.
A chi, richiamandosi al Racioppi, riteneva che il toponimo Basilicata
avesse tratto origine dai basilici. facevo rilevare che l'autore della
« Storia dei Popoli della Lucania e della Basilicata » era
incorso in un errore: i basilici non erano ufficiali o funzionari
bizantini. come aveva ritenuto il Giannone. Erano soltanto le raccolte
delle leggi bizantine e delle novelle di Leone il filosofo.
Anche oggi qualcuno sostiene che da questi fantomatici funzionari
bizantini sia derivato il nuovo toponimo di quel thema del catepanato
d'Italia indicato come Lucania i cui confini corrispondevano a quelli
della Basilicata del 1806. E molti, ancora oggi. accettando la tesi del
Fortunato e del Racioppi, ritengono che la Basilicata abbia costituito
una autonoma e ben definita circoscrizione amministrativa soltanto
sotto Federico I1 e non già con Ruggero I1 quando il territorio
della nostra regione era distribuito in due giustizierati, quello di
Melfi e dell'Honor di Montescaglioso e quello della Valle del Sinni
unificati poi, sempre in età normanna. nel giustizierato di
Basilicata.
Oggi, ad iniziativa del Consiglio Regionale di Basilicata, siamo
riuniti per cercare, di porre le basi per un programma di lavoro. di
ricerca. di riflessione e di studio al fine di dare una identità
a questa nostra regione che. intorno al Mille i Bizantini indicavano
come Lucania. per distinguerla dal1'Actus Cilenti e dal Principato, e
che i Nornianni indicavano come Basilicata. ossia come la Terra
dell'Imperatore.
Non capisco perché si voglia dare una identità alla nostra regione.
Siamo nel 1987! Molti aspirano ad essere cittadini del mondo, molti, ed
io tra questi. vivono nella speranza di poter creare un mondo senza
confini e noi... vogliamo individuare, fissare i confini di una regione
per distinguerla dalle altre.
Perché creare e limitare questa nostra regione assegnandole dei confini che non siano soltanto geografici?
Noi parliamo di storia lucana. di letteratura lucana, di poesia lucana, di arte lucana. da qualche tempo anche di musica lucana.
Si, parliamone pure. ma non per distinguerci e per isolarci. Non
chiudiamoci nella Basilicata quasi che essa costituisca un mondo a
sé.
Anche io ho raccolto alcuni appunti sulla "Storia della storiografia
lucana". ma non certo con il proposito di dimostrare che la storia
della Basilicata sia qualcosa di distinto e di diverso dalla storia di
tutto il Mezzogiorno d'Italia.
Poesia, arte, letteratura lucana! Ma perché lucana?
Leonardo Sinisgalli è stato poeta a Milano: Rocco Scotellaro
è stato poeta un po' ovunque. Forse il solo poeta dialettale di
Tursi è chiuso nella nostra Lucania. nella sua Lucania!
Parlare di arte. di letteratura, di poesia. di cultura lucana. volere a
qualsiasi costo scoprirne e difenderne i caratteri significa rimanere
fermi su vecchie mentalità e non guardare al futuro.
Dobbiamo guardare alla nostra regione come ad una identità integrata in tutto il contesto nazionale.
Guardiamo alla realtà e non lasciamoci suggestionare da falsi preconcetti.
Qualcuno ancora sostiene che noi lucani saremmo gli eredi della Magna
Grecia e della Roma imperiale. E chi ci crede non tiene presente che i
Longobardi hanno radicalmente trasformato la vita e le tradizioni nei
nostri paesi.
C'è gente che crede che i lucani siano depositar? di una
civiltà contadina. E c'è qualcuno che ritiene necessario
intervenire perché questa civiltà non scompaia.
Ma credete realmente che questa civiltà esista'? O è
soltanto un qualcosa che vive al di fuori della realtà?
Non sappiamo perché si voglia tutelare e difendere qualcosa che nella realtà non esiste.
Andate nelle nostre campagne. Ascolterete un vecchio canto popolare
toscano accolto nei nostri canti popolari. Canta il contadino:
"È bella la campagna..." e nel ritornello ripete "Ma io in
campagna non ci voglio stare!".
E la chiamate civiltà contadina'?
Quale è il sogno, quale l'aspirazione del contadino: mandare il
figlio a zappare la terra o mandarlo a fare l'impiegato'? Non ci
può essere civiltà contadina dove l'aspirazione di chi
coltiva la terra è quella di inserirsi in un ceto sociale
diverso da quello in cui è nato.
Salviamo la civiltà contadina. Non distruggiamola trasformando
il paesaggio e facendo del contadino un operaio dell'industria. afferma
chi, eccessivamente legato al passato che non è più.
sostiene un programma che è contro il progresso e contro
l'avvenire!
E quanti altri miti. e quanti altri pregiudizi sono di ostacolo alla nostra rinascita!
Ha sostenuto Giustino Fortunato che noi abbiamo la disgrazia di essere nati in un paese ingrato dove la terra è matrigna. E ci ha convinti al punto di fare di noi uomini rinunziatarii e preoccupati soltanto di chiedere e di servire chi detiene il potere nella speranza che soltanto ed esclusivamente il governo faccia qualcosa per rendere meno amara la nostra miseria.
La classe dirigente? Questa classe dirigente che, in ogni tempo, su
posizioni retrograde ha sempre servito chi detiene il potere per
difendere egoistici interessi, pronta sempre a servire il nuovo padrone
nel 1860, nel 1922, nel 1943!
Cosa posso dirvi dopo la relazione Pizzigallo sulla società
lucana? Caratterizzata da una classe dirigente senza concrete
aspirazioni, preoccupata soltanto di schierarsi si dalla parte del
più forte, pronta sempre a cambiare bandiera per difendere
egoistici interessi. Da noi i partiti politici operano divisi in
correnti e le correnti degenerano in fazioni il che significa che
sull'interesse del Paese prevalgono sempre piccole e nocive ambizioni,
deleterie e dannose, che ci impediscono di lottare seriamente per la
rinascita del nostro Paese. Evitiamo le fazioni. se vogliamo seriamente
e concretamente operare nell'interesse del Mezzogiorno.
I1 mito fortunatiano. Anche esso, come le fazioni, ha ostacolato ed ostacola una azione diretta alla rinascita nel nostro Paese.
È veramente matrigna la nostra terra? La pianura del Sele e
quella del Picentino, la Terra di Lavoro, gli oliveti di Terra di Bari
e di Terra dlOtranto, la Puglia Piana, le vallate abruzzesi e quelle
calabresi e, perché no, le terre ai piedi del Vulture e la valle
dell'Agri costituivano per Giustino Fortunato soltanto delle oasi in un
Mezzogiorno in cui la terra era refrattaria ad ogni progresso e ad ogni
trasformazione.
Chi aveva oliveti e campi seminati nelle fertili terre di Gaudiano
insisteva nel sostenere la sua tesi e non ammetteva che altri potessero
metterla in dubbio. Aveva parole amare nei confronti di chi ed
erano veramente molto pochi riteneva possibile vincere con il
lavoro la nostra miseria: Immaginate diceva all'inizio del secolo
Giustino Fortunato dove arriva la fantasia della nostra classe
dirigente.
Un ingegnere, un uomo dotto, uno scrittore di cose economiche,
appartenente per giunta ad una ricca famiglia di proprietari terrieri,
eletto deputato al Parlamento nel collegio di Potenza, nel 1865
proponeva, niente di meno, di bonificare la pianura metapontina, terra
refrattaria, secondo il Fortunato. ad ogni trasformazione. Oggi questa
terra è tra le più fertili del nostro paese.
Guardiamoci intorno: è la nostra regione quella che ci ha
descritto Giustino Fortunato'? Sono le nostre campagne terre
refrattarie ad ogni progresso e ad ogni trasformazione?
A chi ha giovato la tesi fortunatiana delle due Italie? Chi aveva
interesse a convincere le popolazioni meridionali che soltanto Giustino
Fortunato aveva finalmente intuito quali fossero le cause del nostro
male.
Tra la tesi nittiana secondo la quale lo Stato doveva restituire quanto
era stato tolto dai governi della Destra al Mezzogiorno e la tesi
fortunatiana che, non nella politica dei nostri governi, ma nella
natura geofisica del territorio ravvisava la causa di tutti i nostri
mali. i governi italiani hanno sempre accettato ed avvalorato la tesi
fortunatiana delle due Italie. Non accettarla significava condannare la
politica seguita dai nostri governi nei confronti del Mezzogiorno.
Cosa mai avrebbero potuto fare i nostri governi per un paese povero
dove la natura geofisica del suo territorio rendeva impossibile tentare
una profonda e radicale trasformazione della siia struttura economica?
Il tempo ha dato torto a Giustino Fortunato: è bastata una
riforma, anche se non perfetta e mal gestita, a trasformare il
paesaggio agrario nella nostra regione. Molti di voi non condivideranno
questo mio giudizio. Può darsi che io abbia esagerato nel
prospettarlo.
Certo è, che i governi italiani, dalla Destra all'età
Giolittiana, avevano interesse ad avvalorare la tesi fortunatiana, la
solo che giustificasse la loro politica nei confronti del Mezzogiorno:
se non avessero accettata ed avvalorata la tesi nelle Due Italie.
avrebbero e lo ripeto ancora riconosciuto nella loro
politica la causa della inferiorità manifestatasi e protrattasi
nelle province meridionali dopo l'Unità.
Per concludere: la nostra regione non ha una storia diversa dalla
storia del Mezzogiorno d'Italia e nostro interesse non è quello
di predisporre un programma di lavoro per individuare e difendere una
storia, una letteratura, una cultura lucana.
Dobbiamo invece convincerci che facciamo parte di un mondo che supera i
confini geografici della nostra regione: sarebbe un male circoscrivere
ogni nostra attività nei limiti territoriali di una regione al
fine di individuarne la identità e la specificità di un
male maggiore, con ben gravi conseguenze, sarebbe voler difendere e
mantenere una identità a questa nostra regione. Significherebbe
isolarsi dal resto del Paese e rimanere su retrograde e nocive
posizioni.
Fonte: https://www.lucaniaonline.it/ "I mensili del Consiglio regionale" di Basilicata, n. 12 /1987: Identità e specificità di una regione: la Basilicata". E' una delle più
complete ed autorevoli raccolte sul tema dell'identità lucana,
dove più voci, dallo storico all'archeologo, dal filologo al
politico e all'antropologo, prendono la parola in un tempo, il 1987,
particolarmente vicino ai moderni processi di cambiamento indotti da
eventi quali la nascita politico-amministrativa dell'istituzione
Regione, di una quindicina di anni prima, la nascita
dell'Università di Basilicata, la fine dell'ultimo esodo
d'emigrazione di metà XX sec., la nascita del terziario e delle
nuove opportunità occupazionali che bussavano alla porta, vedi
per esempio la Fiat che inizierà la sua produzione a Melfi
quattro anni dopo. Un dibattito, quindi, interessante, e forse anche
imprenscindibile, per capire la Basilicata di oggi, strettamente legata
alla ricaduta che ha avuto sul nostro tessuto sociale, economico e
culturale l'operato e il pensiero dei protagonisti del dibattito
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