Franco Cassano, docente di sociologia all’Università di Bari, è uno dei teorici di punta del nuovo meridionalismo. Abbiamo provato a inquadrare con lui le radici politiche su cui può crescere oggi l’iniziativa del coordinamento dei governatori meridionali dell’Unione.
In un intervento sul nostro giornale,
Isaia Sales chiede una politica nazionale che faccia perno sulle classi
dirigenti meridionali, evitando riformismi dall’alto. Crede che
ci siano le condizioni per rilanciare lo spirito del Patto di Eboli di
cinque anni fa, evitando sia i rischi di centralismo, sia degenerazioni
localistiche?
«Il patto di Eboli fu varato in gran fretta a ridosso delle
elezioni e fu immediatamente bloccato dall’esito del voto. Il
ritorno di uno spirito simile oggi trova un quadro diverso. La fine
dell’intervento straordinario aveva prodotto risultati anche
molto positivi, con una ripresa della soggettività del Sud negli
anni novanta. Ma venne meno un adeguato scatto a livello politico, con
un ritorno alla passività che è culminato con le elezioni
del 2001. La vittoria siciliana del centrodestra in 61 collegi su 61 ne
è l’esempio più eclatante. Oggi lo scenario
è cambiato. E l’elemento di novità è che nel
bisogno di collegarsi espresso dalle regioni meridionali non
c’è un ritorno al centralismo, quanto un superamento dei
limiti di un regionalismo che perde di vista l’unità del
Mezzogiorno. Insistendo troppo sulle differenze tra i
“Mezzogiorni”, si lascia spazio a una visione liberistica
in cui ognuno può fare per sé. Oggi il problema non
è quello di tornare a una dipendenza anacronistica, ma, al
contrario, salvare le autonomie con un disegno unitario che porti
all’uso ottimale delle risorse».
Quali sono gli elementi fondanti di
questa visione?
«Al centro di questo spirito unitario può esserci una
visione comune che dia priorità allo sviluppo dell’area
euromediterranea. E per crescere in uno scenario così complesso
bisogna stare insieme e lavorare sugli elementi di collegamento tra i
Mezzogiorni, a cominciare da quelli infrastrutturali. Quando ero
studente per arrivare da Bari a Napoli bastavano 3 ore. Oggi i tempi
sono aumentati. È una tendenza incomprensibile e indecente. La
riscoperta delle identità locali ha senso se queste vengono
messe in rete. Solo così possiamo far vedere che il Sud esiste,
dopo anni in cui il Mezzogiorno, oltre a non avere rappresentanza, non
ha avuto neanche un’adeguata rappresentazione di sè».
Secondo Sales l’elezione di
Vendola dimostra un elemento di apertura e civiltà proprio del
Mezzogiorno. Sarebbe potuto succedere nel Nord?
«Senza teorizzare divari estremi, di fronte a iniziative come
quella del partito di Formigoni (ipotesi poi tramontata), si ha la
sensazione che, accando a una seccessione “calda” affidata
alla lega, possa farsi strada nel Nord una seccessione
“fredda”, che esprime il desiderio di liberarsi degli oneri
derivati dallo stato nazionale. Di fronte a uno scenario simile
dobbiamo a maggior ragione mettere insieme i Mezzogiorni facendoli
pesare sulle scelte nazionali, aprendole a una visione euromediterranea
del ruolo del nostro Paese. Certo è sicuramente più
difficile, ma - diceva il poeta - dove c’è il pericolo,
cresce anche ciò che salva...»
Due mesi fa a Napoli, D’Alema ha
proposto un “sano leghismo meridionale”. Quale dovrebbe
essere la cifra distintiva di questo leghismo per evitare il rischio
dei localismi?
«Eviterei una definizione del genere, non è adatta a
un’idea che riguarda un’area così vasta e aperta.
Una connessione che riguarda l’intero Mediterraneo, non una
patria di valli chiuse. Una visione priva di fobie nei riguardi
dell’altro. E, soprattutto, non si fonda su una separazione ma
è un tentativo di indicare una direzione per crescere.
Recentemente ho sentito con piacere i frequenti riferimenti di Prodi
alla nuova centralità mediterranea. Ancora più
interessanti perchè provengono da un uomo che torna da anni alla
Commissione Europea. È una prospettiva in cui nel rilancio
dell’Italia e dell’Europa il Sud cambia la sua
collocazione. Bisogna far capire che l’interesse specifico del
Mezzogiorno oggi converge con gli interessi italiani ed europei. In
primo luogo rispetto agli equilibri di un mondo in cui, si aggravano i
cosiddetti “scontri di civiltà” mentre la posizione
europea diventa sempre più subalterna rispetto alle scelte
“atlantiche”.
Qual dev’essere quindi il
messaggio profondo del nuovo meridionalismo?
«Lo spirito meridionalista, all’opposto del leghismo,
richiama l’Europa alla costruzione di una sua identità,
invitandoci all’apertura. Solo da questa apertura si ricava
forza. Un cambiamento che non si basa su un generico altruismo, ma
richiede nuove politiche nazionali e un spostamento di attenzione
dell’Ue dall’est al mediterraneo. Biosogna proporre una
versione dell’Occidente alternativa a quella incarnata dagli
Stati Uniti, dando una risposta alle istanze di una parte molto ampia
della cittadinanza europea».
Ai sensi della legge n.62
del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e
del web@master.